Angela Passarello
“Poema Rupe”
Angela Passarello è nata ad Agrigento e vive e lavora a Milano. È stata cofondatrice della rivista “Il Monte Analogo”. Ha collaborato con “La Mosca” di Milano. Ha pubblicato la raccolta di racconti Asina Pazza (Greco E Greco, Milano 1997), una raccolta di poesie La carne dell’Angelo (ed. Joker, Novi Ligure 2002), le prose poetiche “Ananta delle voci bianche” (Quaderni di Correnti, Crema 2008). “Pani scrittu” (edizioni Pulcino Elefante, 2015, Osnago). È presente nelle antologie: Versi Diversi (edizioni Melusine, Milano 1998), Poeti per Milano (Vienne¬pierre, Milano 1998), Rane e L’Uomo, Il Pesce e L’Elefante per I Quaderni di Correnti (Crema 2007). È artista visiva e parte della sua opera pittorica è stata esposta, nel 2019, alle Vetrine della Libreria delle Donne di Milano e alla Fondazione Mudima; nel 2021 a Palazzo Zanardi Landi di Guardamiglio (LO).
Il cuore di Poema Rupe (New Press Edizioni, 2022, Lomazzo), ultimo lavoro di Angela Passarello, è come osserva Angelo Lumelli nella sua introduzione, l’anomalia. L’anomalia del linguaggio, ricco di analogismi e di immagini sempre vicine alla terra. Un’anomalia che deriva dalla resistenza della materia alla nostra intrusione, così come il verso e la parola resistono al dilagare della banalità dell’uomo.
Così, scrive Lumelli, “La Rupe ha visto tutto e ciò e rivendica la propria natura di luogo […] un appello alla lingua che è sempre fuori luogo – e che fa di questo esilio la propria forza, il vanto di essere sopra-luogo, esultante predizione”. Ma l’esilio di Angela Passarello non significa mai distanza o distacco: è un punto di vista che si colloca al centro di ciò che vorticosamente accade e lo osserva, trasformandolo in linguaggio. La forza del Poema Rupe è nel magma dei significanti, dove la modernità si accumula e si mescola con archetipi della natura. La tecnologia è già vecchia e sorpassata e si deposita su una terra che nel suo incedere assorbe ogni velleitario tentativo umano.
La Rupe non è semplicemente l’archetipo dell’origine, della Sicilia a cui la Passarello ritorna sempre come per contrasto al quotidiano della Milano-modernità, ma è l’accumularsi di esperienze antiche, una stratificazione in cui non solo affondano le radici ma intorno al quale si affolla il presente.
Intorno alla Rupe, niente è incontaminato, ma anche l’umano è un dettaglio, un transeunte che può solo lasciare tracce. E questo sono i versi della Passarello: tracce, che si imprimono, e diventano essi stessi rupe. Tracce che si stagliano intrise di una grecità mediterranea e che si connettono con la dimensione mitica, e quindi autentica, della parola.
Una poesia che nella sua atemporalità è sempre anche una poesia civile, che non dimentica i naufraghi dell’indifferenza e, anzi, li eleva, attribuendogli un senso e restituendogli l’umanità del riconoscimento. In questo senso la voce di Angela Passarello è una voce carsica e persistente e, soprattutto, mai indifferente. E a cui è impossibile rimanere indifferenti.
La voce anomala e resistente di Angela Passarello non è mai indifferente come possiamo leggere qui di seguito, in questi versi estratti dal libro:
Rupe martoriata da costrutti
afferravita
di organi e di apparati
di viventi ignari delle alterazioni
*
Rupe dei poveri rognosi dormicane
dall’occhio querulo attenti alba
su scorze di mandorle sgusciate
tra spuntoni degli alberi del violo
Rupe dei nulla facenti guardacoste
riluttanti a imprese salvavita
di barconi rovesciati
con i morti trascinati sulle maree
*
la ragazza scooter andava
con lo zainetto sulle spalle
cantando sulla punta dirupata
dove l’albero secco ergeva fatiche
la notte dell’eclissi di luna rideva
bevendo heineken rideva
la ragazza scooter fra i corpi
sul giaciglio di foglia ammaccata
nessuna traccia veniva segnata
sul foglio bianco
della ragazza scooter
ombre soltanto nel giaciglio