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Niels Hav: un poeta ironico e dissacrante dalla Danimarca

EPIGRAMMA

Puoi trascorre una vita intera

in compagnia delle parole

senza mai trovare

quella giusta

Proprio come un miserabile pesce

avvolto nei giornali ungheresi.

Per prima cosa è morto,

e poi non capisce

l’ungherese!

   Niels Hav è un poeta e  un autore di racconti. Nato nel 1949 in una fattoria della Danimarca occidentale, oggi risiede  nel quartiere più pittoresco e multietnico di Copenhagen. Membro fondatore della “Danish Union of Creative  Writers”, è considerato uno  dei più importanti poeti viventi  nel suo Paese. Gli è stato conferito tra l’altro il prestigioso premio del  Danish Arts Council. E’una figura lontana dalle accademie e vicina alla Beat Generation  e al cosiddetto “colloquialismo latinoamericano”. Grande viaggiatore, ha percorso  l’Europa, l’Asia il Sud e il Nord America ed è tradotto in inglese, arabo, spagnolo, turco, tedesco e cinese. Ha pubblicato sei libri  di poesia.

La sua più recente raccolta è un’antologia tradotta in inglese e pubblicata a Toronto, Canada, con il titolo We are here.

Poesia:

Glæden sidder i kroppen (‘allegria sta nel corpo), Jorinde & Joringel, 1982.

Sjælens geografi (Geografía dell’anima), Hekla, 1984.

Ildfuglen, okay (L’uccello di fuoco, ok), Hekla, 1987.

Når jeg bliver blind (Quando divenni cieco), Gyldendal, 1995.

Grundstof (Sostanza basica), Gyldendal, 2004.

De gifte koner i København (Le donne maritate di Copenhagen), Jorinde & Joringel, 2009.

 Traduzioni:

Şî’ri bo trisnokekan nîye, Ktebxanai Andesha,  Sulaymaniyah, Irak 2016.

Shpirti vallzon në djep, Shtëpia Botuese OMSCA-1, Tirana, Albania 2016.

زن ها در کپنهاگ“, Botimar Publishing, Tehran 2015.

GRONDSTOF, uitgeverij Jan Baptist, Veendam, Holland 2013. ISBN 9789081535779

Udate žene u Kopenhagenu, Bosnia 2012, ISBN: 978-9958-644-10-8
De Iraanse zomer, Holland 2011

Als ik blind word, Holland 2010

We Are Here. Poetry translated by Patrick Friesen & P.K. Brask, Toronto 2006.

U Odbranu Pesnika. Poetry translated by Tatjana Simonović & Milena Rudež, Belgrade 2008.

Nenadeina Sreka. Poetry translated by Zoja Drunova. Spektar Press, Macedonia1997. 

God’s blue Morris. Poetry translated by Patrick Friesen & P.K. Brask, Crane Editions, 1993.

La mia penna fantastica

Preferisco scrivere

con una biro usata trovata per strada,

o una penna con la pubblicità di un elettricista,

di un benzinaio o di una banca.

Non soltanto perché sono poco costose

ma immagino che tutte queste penne diverse

porteranno alla fusione del mio testo con l’industria,

con il sudore degli operai specializzati,

gli uffici direzionali

e la mistica dell’esistenza intera.

Una volta scrivevo poesie delicate con la penna stilografica

– pura lirica di puro niente –

ma oggi sono ben contento di aver messo sulla carta

pianto e moccoli.

La poesia non è una cosa per chi ha paura di esporsi!

Un poema deve essere autentico come gli indici di borsa

– un misto di realtà e di imbrogli legalizzati.

Che cos’è che l’uomo troppo buono non può fare?

Non molto.

Per questo tengo d’occhio i tassi obbligazionari

e i titoli importanti. I fondi d’investimento

appartengono alla realtà – proprio come le poesie.

E per questo sono così felice per questa biro

della banca, che ho trovato in una notte

nera come l’inchiostro

  Traduzione di Gaetano Longo

Min fantastiske pen

Jeg skriver helst

med en brugt kuglepen fundet på gaden,

eller en reklamepen, gerne fra el-installatøren,

tankstationen eller banken.

Ikke kun fordi de er billige,

men jeg forestiller mig at sådan noget skrivegrej

vil fusionere min skrift med in­dustrien,

specialarbejdernes sved, direktionskon­torerne

og hele tilværelsens mystik.

Engang skrev jeg sirlige digte med fyl­depen

– ren lyrik om det rene ingenting –

men i dag vil jeg godt have lort på papiret,

gråd og snot.

Poesi er ikke for tøsedrenge!

Et digt må være lige så ærligt som ak­tieindekset

– en blanding af realiteter og regulært bluff.

Hvad er man efterhånden for fin til?

Ikke ret meget.

Derfor holder jeg øje med obligationsrenten

og de seriøse papirer. Fondsbørsen

hører med til virkeligheden – ligesom digte gør.

Og derfor er jeg så glad for den her kuglepen

fra banken, som jeg fandt en blæksort nat

foran en lukket kiosk. Den lugter

svagt af hundepis og skriver fantas­tisk.

La macchina di Einstein

Il vento ci assopiva con dolcezza

mentre passeggiavamo lungo la spiaggia, tre fratelli

adulti vestiti con abiti da adulti che procedevano

a grandi falcate da adulti

Fu questa la ragione che ci indusse a voltarci e a tornare

sui nostri passi attraverso le dune, chiamandoci l’un l’altro

per nome, i nomi che ancora ricordavamo. Era ottobre,

i prati sommersi dall’acqua

Ma in fondo, all’estremità del terrapieno giaceva la morris blu

del Signore dimenticata in mezzo all’erba rada

come un suicida sorpreso nei propri dubbi.

Un rottame privo di ruote e motore

Le portiere aperte come se qualcuno vi fosse

appena sceso e scomparso. Ma era solo il vento

che vi spingeva dentro la sabbia allestendo uno spettacolo

sotto al sedile

La vettura era corrosa dalla ruggine e il vento e la pioggia,

come coltelli ne trafiggevano la vernice.

Poi venne il presente. Dovemmo volgerci

e riconoscerci sopra la tettoia consunta

Annientati dal desiderio e dai ricordi visi adulti e infantili

contro il lento incedere delle sulla spiaggia. Siamo strisciati

in quella macchina d’einstein per ammazzare il tempo

o perché avesse luogo la nostra trasformazione.

Traduzione di Gaetano Longo

Einstein-maskinen

Vinden slog os til en mild bedøvelse

da vi gik tur langs stranden, tre brødre

du voksne i de voksnes tøj og med lange

voksne skridt

Derfor vendte vi om og gik tilbage

gennem klitterne, råbende hinandens navne

som vi huskede endnu. Det var oktober

og engene stod under vand.

Men dér på kanten af dæmningen holdt Guds

blå morris glemt i marehalmen

som en selvmorder fanget af sin tvivl.

Et vrag uden motor og hjul.

Dørene stod åbne som om nogen

lige var steget ud. Men det var kun vinden

der bar sand ind for at arrangere

en udstilling under sæderne

Rusten havde ædt af den, blæsten og regnens

fysik jog knive ind og åbnede lakken.

Sådan ankom nutiden. Vi måtte vende os

og genkende hinanden over det slidte tag

Ødelagte af minder og begær, voksne og barnlige

ansigter mod strandens langsomme tid. Vi krøb ind

i denne einstein-maskine for at slå tiden ihjel

eller lade os forvandle