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Cécile Sauvage, la poetessa della maternità

Traduzione di Maria Pia Sacchi

Nelle edizioni Interlinea è uscita una insolita e suggestiva raccolta di poesie scritte dalla poetessa francese Cécile Sauvage durante la gravidanza: un dialogo commovente della futura mamma con il suo bambino, Olivier, che diventerà  un genio della musica noceventesca. La traduzione è di Maria Pia Sacchi,  che non casualmente si è dedicata a questo lavoro durante  la prima gravidanza della figlia, che ha dato poi alla luce una bellissima bambina.

L’Autrice

Cécile Sauvage, poetessa francese della prima metà del Novecento, frequentatrice dei classici e  vicina ai simbolisti , nasce in una famiglia borghese  a La Roche-sur-Yon e cresce a Digne. Sposerà il giornalista Pierre Messiaen e in seguito si trasferirà a Parigi.  L’opera L’âme en bourgeon, scritta nel 1908,  esce con la sua prima raccolta poetica  sul Mercure de France nel 1910. Poco considerata come poetessa e scrittrice in vita, dopo la sua morte, nel 1927, la Sauvage verrà ricordata in un numero monografico della rivista Les Amitiés da diversi letterati francesi, tra cui Georges Bernanos. Olivier Messiaen, suo figlio, cui l’opera è dedicata, scriverà un accompagnamento musicale per questi testi che, pubblicati autonomamente nel 1955, avranno una nuova edizione nel 1987 con prefazione del compositore.  La raccolta verrà tradotta anche in inglese, mentre in italiano finora esistevano solo alcune traduzioni di singoli testi. A proposito di quest’opera della madre, Messiaen ha detto:” Tutti quelli che ascolteranno queste poesie non potranno più pensare alla maternità come hanno fatto prima”.

La traduttrice

Già docente di Filologia e letteratura del Rinascimento all’Università di Pavia, Maria Pia Sacchi si è prevalentemente occupata di teatro quattro-cinquecentesco e di lirica petrarchista, con particolare attenzione al versante femminile. Tra gli altri suoi temi di ricerca anche la poesia spirituale, la novellistica e la fortuna dei generi classici in età umanistico-rinascimentale. Da segnalare un’incursione nella letteratura trecentesca con un’edizione commentata della Fiammetta di Boccaccio. Per quattordici anni è stata rettrice, ancora a Pavia, del Collegio universitario femminile Santa Caterina da Siena, animandone l’intensa attività culturale dedicata – tra il resto – alla poesia contemporanea e ai giovani poeti esordienti. Sta ora curando, in équipe con altri studiosi, l’edizione dell’epistolario di Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI). È sposata e ha tre figli (e una nipote).

dall’Anima in boccio:

Abbiamo rivolto alcune domande alla traduttrice:

Come ti sei imbattuta in questo testo?

Del tutto casualmente. Nel suo romanzo Il signor figlio (che mette a fuoco il rapporto tra genitori illustri e figli che li superano per fama, primi fra tutti Monaldo e Giacomo Leopardi) Alessandro Zaccuri ricorda Cécile Sauvage, madre di Olivier Messiaen e autrice di una raccolta poetica sulla gravidanza e la nascita del figlio. Il tema della maternità mi ha sempre molto interessato: così, ho voluto approfondire la conoscenza delle poesie di Cécile, e la mia curiosità è stata premiata.

Conoscevi già la musica di Messiaen?

Devo proprio confessare che conoscevo solo di nome Messiaen, ma non avevo mai ascoltato la sua musica; in genere – forse in modo pregiudiziale – sono poco attratta dalla musica novecentesca.

La traduzione ti ha avvicinato alla sua musica?

Leggendo le poesie della madre è stato inevitabile ascoltare anche la musica di Messiaen: era indispensabile per completare il quadro del loro rapporto, ma era anche diventata una (giustificata) curiosità. La scoperta è stata sorprendente (mai legarsi a pregiudizi!). La musicalità della poesia della Sauvage – una delle sue caratteristiche più pregevoli, a mio giudizio – si riversa nelle composizioni di Olivier, che pure sono qualche volta innervate da brividi  drammatici: non bisogna dimenticare la vicenda biografica di Messiaen, che ha vissuto gli orrori della guerra e del campo di concentramento. Ma tutti i brani legati al canto degli ucccelli, per esempio, sono convinta che derivino dalla sensibilità materna per la natura.

Questa è la tua prima traduzione, che esperienza è stata? Sei soddisfatta della tua traduzione?

Sì, è stata la mia prima traduzione. Da tempo desideravo mettermi alla prova in questo campo, e questa è stata la giusta occasione. La lettura dei testi mi ha immediatamente affascinato e mi è venuto del tutto naturale immergermi nelle immagini e nei sentimenti che fanno vivere questa poesia. Forse anche perché il tema della maternità mi è molto congeniale: sono madre di tre figli e mi sono da sempre occupata del volontariato a favore delle ragazze madri. Sono convinta, anche per esperienza personale, che il rapporto madre-figlio si instauri dal momento in cui si ha consapevolezza della gravidanza e che ogni madre – ciascuna a suo modo, a seconda della sensibilità personale – trovi un proprio linguaggio per dialogare con il figlio: ma un dialogo segreto c’è, inizia subito e non finisce più. In questo caso, poi, la spinta è casualmente e felicemente venuta anche dal fatto che in concomitanza con la scoperta della Sauvage ho anche avuto la notizia della gravidanza di mia figlia, che mi avrebbe dato la prima nipotina. Quanto alla mia traduzione sì, sono ragionevolmente soddisfatta: soprattutto perché sento – e mi illudo di poter far sentire – la forza della poesia di Cécile.

Che difficoltà hai trovato in particolare? Hai avuto qualche dubbio durante il tuo lavoro?

Abbandonata da subito l’idea di riprodurre la rima presente nei testi in francese, che a mio parere avrebbe procurato innaturali contorsioni del fraseggio poetico, mi sono sforzata di restare comunque fedele ai contenuti del dettato originale conservando almeno la musicalità dei versi: non ho avuto troppe difficoltà nell’uso del doppio settenario, che sostanzialmente consente di distendere la frase riproducendo l’alessandrino, mentre non sempre è stato facile agire sui versi brevi. Sono convinta del resto che anche la Sauvage sia più efficace quando usa l’alessandrino, nel quale l’idea ha il tempo di allargarsi e di “respirare” fino in fondo. Dubbi? Qualcuno certo, ma non fondamentali o tali da frenare la fluidità del lavoro.

Dopo questa prima esperienza pensi di fare altre traduzioni, viste le tue capacità, oppure resterà un fatto isolato nella tua carriera?

Grazie per l’apprezzamento! Però è un po’ difficile rispondere prevedendo il futuro… Sì, tradurre mi è sorprendentemente piaciuto e non mi è stato difficile. Sono convinta però che in questo caso abbiano giocato molto la tematica e la coincidenza biografica di cui ho parlato prima. Detto questo, comunque, non escludo di mettermi alla prova in altre occasioni: la condizione però è che trovi testi e temi in grado di affascinarmi come è successo con L’anima in boccio.

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