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Salvatore Romano

La Spoon River dei migranti

Salvatore Romano è nato a Napoli nel 1957 e risiede a Verona. Ha esordito nel 2016 con il romanzo Etrom. Ha pubblicato la silloge poetical Anima gitana (2017) e le pièce teatrali Dialogo tra un libro e una candela e ghigliottina a gogò. E’ Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Salvatore Romano mi ha mandato questa sua raccolta di poesie ispirata tragedia dei migranti, che costituiscono un esempio di intensa poesia civile

Lapide di Fatima

Nadira era tra le mie braccia.
Spaventata dalle macerie
dalle grida, del sangue
che vestiva le cose e le persone
dagli spari e dalle bestemmie

Qual è il compito di una madre?
Ho provato a proteggerla
ad allontanare i mostri che la impaurivano
ma ho fallito anche in questo.
ora giaccio a riposare, ricoperta da questa terra inzuppata di sangue.

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Gabriela Fantato

La seconda voce

Della nostra mortalità

E se ci fosse un dio

nascosto tra le cose, dentro

lo spazio che unisce e separa,

dove si legge la fine che abbraccia

il bordo nuovo di una seconda vita di legno,

di sale e lacrime e chiodi mai conficcati,

solo puntati

per certezza al tavolo che balla

e dà forma ai giorni.

E se provassi a tendere la mano,

come un vecchio marinaio dentro

il suo vento di levante,

dentro la santa pelle del mare

e quella luminosa del giorno che nascevi

quando anche morirai,

e se avessi il moto e la certezza

che inventi, quella che sa dire

la tua storia, con gli stessi volti,

ma con le pieghe nuove

da scoprire.

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Mauro Ferrari

Vedere al buio

Ulisse tornato a casa

Adesso tengo in ordine il giardino.

Quanto è complessa la continua lotta

alla malerba, amando

pochi semi selezionati!

Ogni tanto un acquazzone

o la grandine arruffa e distrugge,

e allora è un rifare tutto correndo

avanti e indietro a ridisporre

le pietre dell’orto, colmare

le pozze e ricoprire i bulbi affiorati.

E le lunghe attese,

i parti odorosi dei fiori infiniti,

l’alchemica armonia dei colori:

adesso coltivo me stesso a percepire

la giusta luce, a prevedere il tempo

e annusare la grandine

temendo l’eccesso e la penuria,

coltivando una ricchezza triste.

Come permettermi di dire Io

con tanto da dire e fare?

(Perché tutto sarà più chiaro

senza immagini e parole,

netto sullo sfondo del buio –

come un tuono secco.)

*

(E penso che se tutti

e anche me stesso

col nostro carico di gioie e orrori

non fossimo

né fossimo mai stati, tutto sarebbe

nonostante tutto identico,

un vento che viene e spazza i rami

e poi si perde

chissà dove.)

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